Le retribuzioni dei diplomatici
26 marzo 2014
E’ sconcertante che il Sottosegretario
di Stato alla Funzione Pubblica Angelo Rughetti abbia oggi confuso, in una
intervista sul Sole 24 Ore, il suo guadagno di dirigente pubblico di 286.000
Euro l’anno (fonte Camera dei Deputati), standosene in Italia, con quello medio
dei diplomatici italiani, sparsi nei cinque continenti, in posti per la gran
maggioranza pericolosi e disagiati, che è di ben lunga inferiore. Ancora più sconcertante che egli
riferisca in una intervista, in qualità di membro del Governo della Repubblica,
cifre e dati sulla carriera diplomatica che egli manifesta di non conoscere. Invitiamo
il Sottosegretario di Stato Rughetti a volersi documentare professionalmente
prima di esprimersi su dati e cifre sconclusionati e che creano allarmi sociali
senza motivo. Dal nuovo Governo, il SNDMAE, il
Sindacato più rappresentativo dei diplomatici, attende professionalità non solo
nei metodi della comunicazione, ma soprattutto sui fatti comunicati: gli
stipendi mensili medi degli 890 diplomatici italiani, inferiori alla media
europea, vanno dai 2.500 Euro dei gradi iniziali (30% della carriera) ai 4.000
circa dei gradi intermedi (50% della carriera, dopo circa 15 anni di lavoro) ai
circa 5-6.000 Euro dei gradi superiori (20% dell’intera carriera, dopo circa 25
anni di lavoro). Parliamo di funzionari rigorosamente
selezionati, come ha di recente riconosciuto Galli della Loggia sul Corriere
della Sera, e specializzati con master internazionali, che percorrono nell’arco
della vita professionale una delle poche carriere rimaste in Italia dove le
prestazioni vengono misurate annualmente e dove nessun avanzamento è automatico
o deciso per anzianità, con promozioni decise in base al merito. Si aggiunga che più di un terzo degli
890 diplomatici italiani, già dal 2011, viene retribuito con lo stipendio del
grado inferiore a quello posseduto. Dal 2011 infatti alla promozione non
consegue nessun effetto economico. La conseguenza è che negli ultimi quattro
anni ogni funzionario promosso per merito ha già contribuito al risanamento del
debito nazionale con una somma che si aggira sui 50.000 Euro a persona. Non è
poco. E’ troppo. Quando all’estero, lo stipendio dei
diplomatici italiani si dimezza e ad esso si aggiunge una unica complessiva
indennità forfettaria variabile sede per sede, non stipendiale, non
pensionabile, perché serve a pagare sul posto tutte quelle spese che altri
Ministeri degli Esteri pagano direttamente. Non è uno stipendio. Non è un
reddito, né lordo né netto. In pratica i diplomatici italiani vengono delegati
dallo Stato a pagare le spese del servizio all’estero, come la casa, l’auto,
gli spostamenti, le rette scolastiche dei figli (figli che, a causa della
disparità di lingue e di sistemi, devono per forza frequentare scuole
internazionali in grado di assicurare standard omogenei da Paese a Paese), la
sicurezza personale e della loro abitazione, divenuta purtroppo una necessità
ineludibile. Se tutte queste spese fossero pagate direttamente dallo Stato,
anziché delegate ai singoli, la loro gestione costerebbe più cara, come
dimostra l’esperienza di altri Paesi europei. Il nostro sistema di compensi all’estero,
che non può non tener conto delle diseconomie, degli oneri vivi e dei disagi
dei periodici spostamenti in realtà radicalmente diverse, non è un tabù, e il
SNDMAE si è già dichiarato disposto a rivederlo, purché si salvaguardi un
livello di tutela della nostra sicurezza professionale e fisica pari a quello
degli altri Paesi europei. Il che potrebbe comportare un aggravio per l’Erario
italiano. I diplomatici sono, come le forze
armate, parte organica del sistema di sicurezza politica ed economica del Paese;
in un mondo sempre più instabile assicurano la difesa degli interessi degli
italiani e delle imprese. Ogni diplomatico italiano svolge il lavoro di cinque
diplomatici dei Paesi europei con cui ci compariamo. E’ un fatto, non
un’opinione, poiché utilizziamo meno di un quinto delle
loro risorse umane e finanziarie (0,21 per cento del bilancio dello Stato
italiano, contro 1,15 della Germania e 1,8 della Francia) per svolgere lo
stesso lavoro e con gli stessi risultati. Non è ancora sufficiente in un’ottica
di razionalizzazione? Dovremmo fare ciascuno di noi il lavoro di otto, anziché
di cinque? Non basta che il nostro orario di lavoro quotidiano, rispetto alle 8
ore dei colleghi europei, sia già di circa 12 ore? Proprio per il fatto che si tratta di un
corpo speciale dello Stato, dobbiamo proteggere e tutelare il loro trattamento
economico complessivo in modo equilibrato oltreché trasparente. In questo senso
si è pronunciato il Presidente della Repubblica nei suoi annuali interventi
alla Conferenza degli Ambasciatori. Il Governo italiano dovrebbe dimostrare
di essere fiero del lavoro svolto dalla Farnesina, con meno di un quinto delle risorse
utilizzate dai Paesi europei concorrenti. Abbiamo sollecitato il Ministro degli
Esteri Mogherini a correggere il Sottosegretario di Stato Rughetti. Attendiamo
con fiducia che l’intero Governo, dopo un mese dal suo insediamento, prenda
coscienza del valore della Farnesina e del suo personale e possa valorizzarli,
anziché dileggiarli con la diffusione di dati fantasiosi. Il
Consiglio del SNDMAE